Ci sono momenti in cui vorri essere su un'isola deserta, e nel caso in cui non fosse possibile, semplicemente che il pavimento sotto di me si aprisse per inghiottirmi e togliermi dall'imbarazzo.
Come questa mattina. Sveglia prestissimo dopo poche ore di sonno, assurdo rigiro di mezzi di trasporto (la mia macchina è dal meccanico, quindi vado in motorino a prendere la macchina di mia mamma, lasciando lì il motorino che poi dovrò recuperare) per portare Simone all'asilo e arrivare in ufficio possibilmente prima del compimento della profezia dei Maya.
L'orologio, questa volta, è dalla mia parte: al momento di mettere le giacche, siamo in perfetto orario. Ma qui parte il primo, inesorabile, inspiegabile capriccio.
"No voio quetta giacca blu, voio quella marone".
Sarò fissata, sarò perfida, ma che un bambino di 2 anni e mezzo faccia i capricci per il colore della giacca, proprio non mi va. Il mio abbigliamento, dalle mutande alle scarpe, mi è stato imposto fino almeno alla terza media... e mi impunto.
Nanetto in fuga, io lo inseguo intorno al tavolo: è una questione di principio, oggi si mette la giacca blu che è impermeabile. La giacca marrone, quando piove, non va bene.
Riesco a vestirlo mentre è in modalità biscia inferocita, e sperando di essere davvero pronti a uscire, acchiappo borsa, cambi, pranzo e varco la soglia di casa.
Altro dramma: "Voio chiudee io la potta". Nella fretta, non mi è nemmeno passato per la mente. Ma non c'è tempo, e - come dice Tata Lucia, di cui sto leggendo "Fate i bravi" come fosse la bibbia, i capricci non vanno assecondati.
Parte una scena che l'oscar come miglior attore tragico non ce lo toglie nessuno. Urla, pianti, grida mentre si accascia per terra per non camminare.
Nel totale imbarazzo, ben cosciente che i muri e le porte del mio palazzo non filtrano alcun rumore, gli intimo minacciosa di smetterla, ottenendo - ovviamente - l'effetto opposto. Linda
Blair ci fa un baffo! Spero che compaia come per magia il prete del
film "L'esorcista" a risolvere la situazione con un po' di acqua santa.
Non so se essere più disperata per l'inquinamento acustico che provochiamo o per l'inesorabile ritardo che ancora una volta ha la meglio sulla mia buona volontà.
Provo a prenderlo in braccio per portarlo fuori, ma la modalità biscia inferocita è sempre attivata ed è pressochè impossibile.
In quel momento, ciliegina sulla torta, esce dall'ascensore un vicino di casa che mi guarda con disapprovazione e curiosità. E... non se ne va. Rimane lì a guardare come risolverò la situazione... se ne sarò capace, peggio del plotone di SOS Tata.
Ma lui non è in ritardo? Non è di fretta? Perchè resta qui a guardarci?
Indecisa se essere una mamma accomodante o una mamma severa, do uno strattone al piccolo indemoniato, poi lo prendo in braccio e con voce tranquilla ma ferma cerco di calmarlo. Nel frattempo guadagno l'uscita e mi fiondo verso la macchina.