Biglietti di Natale

Cari Nano Grande e Nano Piccolo,

quest'anno, da parte mia, non troverete doni materiali sotto l'albero (non vi preoccupate: ci penseranno i nonni, le zie, gli amici a riempirvi di pacchetti e pacchettini!) ma soltanto biglietti.

Principalmente biglietti aerei, per Parigi e per Bruxelles, per cominciare, ma anche per il Musée d'Orsay (lo so, scelta egoistica, visto che è il mio museo preferito).
Sono convinta, da sempre, che non esista regalo più bello di un viaggio: per stare insieme, per conoscere nuovi posti, assaggiare nuovi cibi, ascoltare lingue diverse e fotografare le infinite meraviglie che il mondo offre.

Perciò, salute e finanze permettendo, spero che la delusione di non scartare la Playstation 5 sarà compensata dall'emozione del decollo, dalla dolcezza dei macarons parigini e del cioccolato belga, dalla meraviglia della Tour Eiffel e dei canali di Bruges, dal profumo delle baguette appena sfornate.


Vi auguro che questo vi arricchisca, vi auguro di non smettere mai di imparare e scoprire, perché, citando Voltaire, "è ben difficile, in geografia come in morale, capire il mondo senza uscire di casa". Mi auguro di poterlo fare con voi, perché, citando Hans Christian Andersen, "viaggiare è vivere".

Caro Babbo Natale

Caro Babbo Natale, non so se sono ancora in tempo per inviarti la mia letterina.

Quest'anno non so se sono stata particolarmente buona ma, credimi, ce l'ho messa tutta: pazienza, impegno, sforzi di memoria, scrollate di spalle per non prendermela troppo, tentativi di accontentare tutti.

Sicuramente già sai cosa desidero. In fondo, sono sempre le stesse "cose": più tempo da trascorrere con la mia famiglia e meno affanno, più serenità e meno notti insonni. Se poi potessi eliminare dal mondo la tosse, insieme alla guerra, te ne sarei davvero grata!

Per la questione lavoro so che non puoi fare molto, ma nel caso avessi bisogno di un elfo in più, mi candido volentieri! Adoro la neve e sono brava a fare i pacchetti.
Ti mando il CV? 

Non chiedo altro, anche se la lista sarebbe lunghissima (case, libri, auto, viaggi, fogli di giornale...), perché ti immagino molto indaffarato. Lo sono io, che devo pensare ai regali soltanto per una ventina di persone...

Grazie e buon Natale!

Tampone negativo: si va avanti

Dopo oltre due anni di pandemia, al primo malessere il pensiero è sempre lo stesso: sarà Covid?

La preoccupazione, per quanto mi riguarda, è quella di poter contagiare chi mi sta intorno. 
Per questo, in presenza dei sintomi più classici, che poi sono sovrapponibili a quelli di una classica influenza, preferisco accertarmi con un test rapido di non essere "positiva".
Una volta avuto esito negativo, che sollievo, tutto va avanti come prima: mi tengo il raffreddore e il mal di testa, passeranno. Il tempo di riposare non c'è, tra partite di calcio, tornei di tennis, turni di lavoro aggiuntivi per coprire le assenze dei colleghi, bucati da stendere e stirare, visita dal dentista, spesa e pranzo e cena da organizzare.

Trovo sia un peccato che non ci siano test rapidi per altre tipologie di malessere: l'ansia, lo sconforto, la fatica... anche se forse sarebbero superflui.

Come per l'influenza "normale", di questi sintomi non importa nulla a nessuno. Si tengono e si va avanti, sperando che prima o poi passino.


mammamareggiata

Oggi non sono una mamma trafelata. Oggi sono una mamma scarica, stanca e amareggiata.

Scarica per le energie spese senza arrivare a nulla, per le notti insonni a valutare pro e contro.

Stanca di consigli così banali e scontati quali "se non ti piace ciò che fai, cambia!"

In effetti è una soluzione ovvia, sulla carta. Ciò che non è altrettanto ovvio è la possibilità di farlo. 

E non perché manchino le opportunità, ma perché mancano quelle accettabili. 

Quelle che ti consentano di conciliare le cose. E le cose da conciliare fondamentalmente sono sempre le stesse: tutelare la propria salute la propria la salute, fisica e mentale, guadagnare più di quanto si spenderebbe di baby sitter, riuscire a gestire la famiglia, se hai avuto l'ardire di creartene una.

Amareggiata perché, dopo l'ultima possibilità (speranza) di cambiare accantonata per incompatibilità di orari e gestione familiare e conti che non tornano di cui sopra, mi sono resa conto che, se fossi un uomo, questi problemi non me li sarei nemmeno posti.
Non dovrei barattare il mio tempo con la mia soddisfazione professionale. Non dovrei preoccuparmi di chi sta con i bambini quando escono da scuola, di chi li porta a calcio/a tennis/a catechismo, di chi compra il regalo per l'amichetto che festeggia il compleanno, di chi compra il quaderno a righe che l'altro è finito, di chi compra il goniometro che la prof. ha detto che iniziamo a usarlo.

 

Conto alla rovescia

La mia vita è un conto alla rovescia.
Inizio subito dopo la prima colazione: conto alla rovescia per il pranzo (non per niente, il nano piccolo, nel classico pensierino dal titolo "La Mamma", mi aveva descritta così: Mia mamma si chiama Silvia, lavora in ufficio, scrive al computer e mangia sempre).

Dopo il pranzo inizia il conto alla rovescia per uscire dall'ufficio.

Il lunedì mattina inizia il conto alla rovescia per arrivare al venerdì sera, sempre sperando di non lavorare nel week end, altrimenti si passa direttamente alla settimana successiva.

Dalla fine della scuola inizio il conto alla rovescia per arrivare alle ferie, dall'Immacolata inizia quello per arrivare alle vacanze di Natale (che per me iniziano il 26 dicembre, superati indenne pranzi e cene di rito!).

Il conto alla rovescia non ha risparmiato neanche i nani: quello per la fine delle coliche, puntuali come la morte e le tasse (ma ahimè, senza vedere comparire Joe Black); quello per la fine dei pianti per la dentizione; quello per la fine delle notti insonni (2 anni cadauno) e, per un nano su due, quello per la fine dei piatti lanciati dal seggiolone durante lo svezzamento al ritmo di "no voio".

Ho fatto il conto alla rovescia anche per abbandonare una carrozzina, un mezzo di trasporto così comodo che soltanto Jason Momoa (o Hulk Hogan per le meno giovani, come me) sarebbero stati in grado di spostare, sollevare e piegare (lo so, avrei potuto acquistare un modello più maneggevole "ma questa l'hanno usata tutti i nipoti", vorrai mica interrompere una tradizione di sudore, imprecazioni e sorrisi forzati).

Ho perfino fatto il conto alla rovescia per poter andare in giro senza un bagaglio delle stesse dimensioni di quello di un week end da single alla SPA, ma con diverso contenuto: fasciatoio portatile, crema per le chiappette, pannolini di ricambio, salviette, ciuccio, portaciuccio...

E poi è arrivato il momento perfetto, quello in cui i nani rientravano entrambi nella fascia di età 2/11 anni. E avrei voluto fermarlo quel tempo, o fare "rewind" e riviverlo in loop, all'infinito.
Sempre solo il periodo "scuola materna/scuola primaria, ma senza pidocchi e bocca-mani-piedi. Abbastanza grandi da avere una certa autonomia, non troppo da snobbbare mamma e papà. 

Il periodo migliore di tutti, quando ancora non sono sicuri che Babbo Natale sia una bufala, anche se il sospetto inizia a farsi strada. Quando ancora camminano lascandosi tenere per mano. Quando ancora credono che la mamma e il papà abbiano la risposta a qualsiasi domanda, da "quanto pesa il nostro palazzo?" a "perché il mare è bagnato?".
Quando la felicità, per me, è essere noi quattro. Non importa a fare cosa: la spesa al supermercato, un giro in bici, una torta, mangiare la pizza, guardare un film, fare i compiti.

Prima che crescano troppo, e la mano già non me la danno più...


Bicchiere mezzo piene, possibilmente di qualcosa di alcolico...

Sforzandomi di essere positiva come Pollyanna, ​e non soltanto al tampone, ​ma in realtà al solo scopo terapeutico di non tirare delle testate​ contro ogni spigolo a disposizione, ​ho cercato di trovare i lati positivi di questa quarantena (altrimenti detta immane rottura di ​sfere).

- A luglio le scuole sono chiuse e non c'è la dad, la did, la ddi o quello che è. Insomma, non devo sclerare dietro tablet e PC rischiano clamorose figuracce con le maestre ("perché non si sente un c...zo??" "Signora, noi la sentiamo!" "Benissimo maestra, grazie, mi volatilizzo").

- Non abbiamo voli aerei da prendere. Grazie al cielo, perché non ci avrebbero rimborsato il becco di un quattrino ...come si suol dire, oltre al danno, la beffa.

- Mancano ancora 3 settimane alla partenza per la montagna. Se per allora non saremo tutti negativi, è probabile che mi sarò già lanciata nel vuoto dal poggiolo, e la montagna sarà un pensiero superato dalle mie esequie.

- Lontani dall'acqua di mare e piscina, sfoghi, eritemi e cicatrici potranno finalmente guarire. Anche se tutto sommato potrei rivalutare quei meravigliosi cerotti impermeabili che si staccano dopo un minuto di doccia o si impregnano dopo un secondo in piscina, e di impermeabile hanno solo la scritta sulla confezione.

- Posso approfittarne per leggere un po' dei libri che formano la torre di Pisa sul mio comodino. O meglio, potrei ...se non dovessi lavorare da remoto, gestire due nani che sembrano leoni in gabbia e un marito che ha preso la residenza nel suo studio senza diritto di espatrio.

- Posso puntare la sveglia un'ora più tardi la mattina, non dovendo tirare giù dal letto i nani e accompagnarli al centro estivo prima di andare la lavoro (a dirla tutta, risparmio anche tempo per mettere le scarpe e vestirmi, potendo lavorare scalza, in calzoncini e maglietta).

Lo so, i ​"​contro​"​ sono molti di più, ma io non sono certo un genio in matematica, e basterà non enumerarli per non deprimermi.​ Meglio vedere il bicchiere mezzo piene, possibilmente di qualcosa di alcolico.​

Mamma

Affrontare tutto col sorriso, l'anestesia che non funziona ma puoi sopportare un po' di dolore, metti un cerotto e corri in ufficio, ché non puoi lasciarlo scoperto per più di mezz'ora, devi rispondere al telefono. Niente bagni per 10 giorni, mi raccomando, solo docce ma veloci, tanto non fa caldo... Mi raccomando, cambiare la medicazione ogni sera. 

Lavorare anche quando non ti toccherebbe, sorridi disponibile, chi va a prendere i bambini? Incastrare papà, nonni e centro estivo.
Non batti ciglio, riesci a fare tutto, sei abituata, no?

Hai preparato il pranzo al sacco? E le borracce sono negli zaini?

La pomata due volte al giorno, mattina e sera.

Mamma, oggi serve il costume, ma non nello zaino, dovevo metterlo già sotto i pantaloni!

Lo spray antizanzare.

Ragazzi facciamo un po' di compiti, non possiamo rimandare sempre, portiamo avanti. La scheda del libro è nei compiti di terza elementare o di prima media? Ci penseremo, intanto leggete.

La visita oculistica.

Mamma, non trovo il libro.
Mamma, non trovo le ciabatte.
Mamma, non trovo gli occhiali.
Mamma, dove sei, in bagno?
Mamma, cosa fai? (Niente)
Mamma, piangi? (Sì, sono stanca, ho mal di testa e vorrei andare a dormire)
Mamma, ti sei commossa per il film?

Niente deleghe

 Ci sono tante cose che non so fare: non so far lievitare quasi nulla, dai muffin alla focaccia. Non so leggere un bilancio e quando mi si impalla il computer alzo le mani e mi arrendo. Non so nemmeno fare jogging: mi viene il fiatone e mi fanno male i piedi dopo pochi metri. Non so mettere lo smalto sulle unghie, ogni volta che ci provo faccio uno scempio e mi tocca usare un flacone di solvente per rimediare.

Poco male, i muffin e la focaccia li posso acquistare, posso chiedere al collega di occuparsi del bilancio, posso chiamare i tecnici per il PC, posso fare sport diversi dalla corsa, posso farmi mettere lo smalto dall'estetista.

C'è una cosa, però, per cui non esistono deleghe: fare la mamma. Quando non mi sento adeguata, quando non ho abbastanza tempo da dedicare ai compiti, alle attività extrascolastiche, quando mi sembra di non dare il giusto supporto e i giusti "paletti"... quanto non mi sento capace e all'altezza, so che nessuno può venirmi in soccorso, che nessuno potrà farlo al posto mio: non ci sono tecnici né alternative. Non posso far altro che continuare a provare, sperando che prima o poi anche la mia autostima e i risultati lieviteranno.