Telefono

Quando sul display del telefono compare il numero di mia mamma a quest'ora (cioè dopo che ha recuperato Simone all'asilo), provo sempre un po' di apprensione. 
Allarme varicella, allarme pidocchi, pipì addosso e labbro rotto causa facciata con rincorsa... non so mai cosa aspettarmi.
Questa volta era solo una telefonata "di cortesia", il nanetto voleva salutarmi.
Simone: Ciao Mamma dove sei?
Io: A lavorare
Simone: In ufficio col compiute? (per mio figlio è inconcepibile che una parola termini con una consonante: il trenino Thomas è Tomase, Robin Hood è Robi Nudo e Peter Pan è Pite Panne)
Io: Sì amore, in ufficio.
Simone: Io sono con la nonna Fola (ma và?), guadda questa palla mamma!  Ti piace?
Io: (....) Sì amore. Ci vediamo stasera a casa.
Simone: Sì, ora devo andare, ti richiamo dopo. Tu vai via. Ciao!

Ora devo andare... ti richiamo dopo?!?! 
Un nano di due anni e mezzo che deve andare e mi richiama dopo? 
Sto ridendo con le lacrime, i miei colleghi mi guardano perplessi. 
Ma per fortuna non dicono nulla.

Acquababy

Spinta dai racconti entusiastici di altre mamme, ho deciso di iscrivere mio figlio al Corso di Acquababy (0-3 anni).
Lunedì, l'unico pomeriggio disponibile, ho recuperato il nano all'asilo e siamo andati a iscriverci. 
Entrare nella struttura è un po' come atterrare a Sharm El Sheik partendo da Malpensa in inverno: uno schiaffo caldo in piena faccia! 
All'esterno pochi gradi, vento tagliente di tramontana, giacca pesante e sciarpa; all'interno il clima di un hammam, un caldo umido che invita allo spogliarello immediato.
L'iscrizione dura più del previsto. Non so per quale motivo, devo ripetere almeno cinque volte indirizzo e data di nascita, cadendo poi sulla domanda che avrei dovuto aspettarmi: ha il certificato medico rilasciato dalla pediatra? Ovviamente no.
La receptionist legge la disperazione nei miei occhi... non posso tornare a casa dopo 20 minuti a sudare davanti al bancone. Clemente, ci rilascia comunque un bracciale magnetico giallo e gommoso, su cui sono "caricate" docce e phon, che il nanetto vuole subito mettere al polso, orgoglioso come se indossasse un Rolex. 
Riuscire a utilizzarlo anche per passare dal tornello, appoggiandolo nel punto giusto, è un'impresa, ma ignoro le mamme impazienti dietro di me e alla fine il nano riesce ad aprire con il suo "brassaletto magico".
Mentre la temperatura sale, e dal Mar Rosso siamo passati alla foresta amazzonica, raggiungiamo gli spogliatoi. Mi accorgo subito di essere molto meno organizzata delle altre mamme, perchè mi mancano:
- bagnoschiuma e shampoo per me
- elastico per legarmi i capelli 
- ciabatte e cuffia per il piccolo nuotatore
- sufficiente prontezza per impedirgli di raccogliere dal pavimento tutti i capelli che trova (bleah!)
- sufficiente velocità nel cambiarmi mentre lui si arrampica sui fasciatoi 
Dopo 10 interminabili e accaldati minuti, in cui il nanetto ha chiesto a tutti i presenti "Co' ti chiami?" e ha commentato ad alta voce accappatoi e ciabatte altrui, siamo finalmente pronti!
La maestra Miriam ci accompagna alla piscina, e mentre appendo il mio accappatoio all'attaccapanni, vedo il nano che entra disinvolto in acqua con il suo addosso. 
Per fortuna viene placato prima che si immerga del tutto.
La "lezione" vola via veloce tra grande entusiasmo e alcuni momenti di terrore quando viene lasciato solo a galleggiare coi braccioli per la prima volta, ma in complesso si diverte tanto che non vuole più uscire dall'acqua. 
Ma il bello deve ancora venire... la doccia.
Mentre gli altri bambini si fanno lavare senza fare una piega, il mio urla e tenta più volte la fuga, rischiando di volare sul pavimento bagnato e di suggerire a qualcuno di chiamare il Telefono Azzurro per "lavaggio coatto".
Nel frattempo, abbiamo sprecato almeno 3 buoni doccia schiacciando a caso i pulsanti attivati dal bracciale magnetico, e fatto partire tutti i phon dello spogliatoio (10 buoni andati). 
Finalmente, dopo inseguimenti con le calze in mano e vane richieste di tornare a casa in costume, siamo tutti e due rivestiti, il nano stanco ma felice, io con dei capelli impresentabili,e ancora più stanca di lui. Ma ugualmente felice di questa esperienza condivisa col mio cucciolo.

Anticorpi

Dicono che i bambini piccoli "devono farsi gli anticorpi", e sicuramente è vero che crescendo e ammalandosi rafforzano le proprie difese immunitarie. Il primo anno di asilo nido, mio figlio stava a casa una settimana ogni due, alla faccia dell'investimento! Ora, al secondo anno, le cose sono leggermente migliorate, ma i malanni sono comunque piuttosto frequenti.
Ho imparato a metterli in preventivo, soprattutto in vista di week end, feste e ponti.
Quello che non avevo messo in preventivo è che questa incidenza di influenze, raffreddori eccetera avrebbe colpito anche me, che regolarmente seguo a ruota il nanetto.
Ieri, quando sono andata a prenderlo all'asilo coi consueti 10 minuti di ritardo (ovviamente la stampante dell'ufficio decide di scioperare appena prima che io spenga tutto per uscire), la maestra premurosa mi ha avvisato di una brutta influenza che gira, con febbre, vomito e dissenteria come sintomi principali. La mia testa era già pronta a organizzare la task force di nonne in sostituzione del nido, ma Simone non ha dato segni di malessere. In compenso io ho passato la serata e la notte stando malissimo e chiedendomi, a 32 anni: "ma i miei anticorpi, quanto ci mettono a farsi?!"

Shopping

La mia propensione allo shopping è decisamente inferiore alla media, per scarsità di tempo e risorse, ma soprattutto perchè oltre a mal tollerare la ressa e le corse per rientrare in ufficio entro mezz'ora di pausa pranzo, non sopporto la mia immagine riflessa nello specchio di camerini troppo illuminati e spietati, alla faccia di commesse bugiarde programmate per dire sempre e comunque "ti sta benissimo!".
Ho comunque sempre cercato di risolvermela nei ritagli di tempo, senza coinvolgere la mia dolce e insofferente metà e, tanto meno, il mio adorabile ancor più insofferente figlioletto.
Ieri mattina, non potendo più rimandare l'acquisto di un paio di pantaloni neri (nonostante l'armadio pieno, il dogma "non ho niente da mettere" è sempre valido!) ho provato a sfruttare un'inaspettata e irripetibile combinazione di fattori favorevoli a una mattinata "padre/figlio": campionato del marito sospeso per un'esagerata allerta meteo, nessun impegno sportivo/familiare, nanetto non influenzato. 
Per non rischiare, mi sono giocata la carta ricatto morale: "Visto che oggi pomeriggio TU vai allo stadio, stamattina andrei in centro a comprarmi i pantaloni", ho detto a mio marito.
Pensavo che il riferimento allo shopping fosse un deterrente formidabile, mi aspettavo una muta rassegnazione, un "OK, vai!" di sollievo per non dover assistere alle mie crisi depressive da specchio. E invece mi ha spiazzato con un convinto "veniamo anche noi".
Temendo una spedizione tragica, con i maschi annoiati e impazienti a mettermi fretta, avevo già perso l'entusiasmo per la mia mattinata di acquisti in solitaria. Ho provato a protestare ma le mie argomentazioni non sono state sufficientemente convincenti.
Arrivati a destinazione, mi sono subito diretta verso gli scaffali "total black" quando mi sono accorta di due spettatori appiccicati alle costole, a cui mancava solo il fumetto "scegli in fretta e fatteli piacere senza nemmeno provarli". No, così non ce la posso fare! 
Presa da un'improvvisa ispirazione, ho esclamato come davanti a un diamante di Tiffany: "Che meraviglia, le scale mobili! Perchè non andate un po' su e giù?!". 
Evviva i negozi multipiano! Grazie a questo geniale diversivo, ho avuto il tempo di visionare quasi tutto il piano terra e scegliere tre paia di pantaloni da provare.
Per fortuna, essendo domenica mattina presto, c'era poca gente e l'area cabine di prova è diventata scenario ideale per giocare a nascondino! 
Che divertimento poi, per Simone, proseguire inseguimenti e nascondino anche nel reparto bimbi, con mamma e papà a rincorrerlo per provargli una giacca.
L'unico a non divertirsi, in questa bella mattinata diversa dal solito, è stato il mio portafoglio, avendo comprato ben più di quanto era in programma... 



 

Amiche mamme

Ci sono persone conosciute in periodi particolari della propria vita, associate a un determinato stato d'animo. All'università, per esempio, quando la vita "da grandi" non è ancora cominciata davvero. 
Persone conosciute per caso che restano lì per anni, per sempre. Che puoi perdere di vista per un po', che sono geograficamente lontane, ma basta una telefonata per tornare indietro nel tempo, a quando ci si sentiva tutti i giorni, in cui ogni novità andava subito condivisa.
Una di queste persone, una carissima amica, ha ritrovato una foto di 12 anni fa. Del periodo dell'Università, appunto, delle estati lunghissime, molto più lunghe delle 2 settimane ad agosto che adesso sembrano già tanto. Le nostre facce abbronzate dopo la Sardegna, dopo un concerto. Ore piccole e tante risate. 
Pochi rimpianti perchè oggi, con qualche anno in più e qualche follia in meno, ritrovarsi è un'emozione sempre uguale, sempre forte, anche se commentiamo asili e non locali, figli e non ragazzi, nelle nostre vite di mamme che possono condividere anche questa meravigliosa esperienza.
 

Ali ed etica

Come molti maschietti, mio figlio è un grande appassionato di mezzi di trasporto: navi, auto, camion, aerei ed elicotteri. Dal momento che per lui tutti i velivoli erano "cotteri", ho provato a spiegargli la differenza con gli aerei. 
Dopo avermi ascoltato, e aver detto "No" a priori alla mia spiegazione, si è illuminato: "Mamma, gli aeei hanno le ali, i cotteri hanno l'etica!"