Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo.
Fino all'ultimo non ho gongolato, non ho scritto niente su Facebook, ho fatto la vaga invece che sbandierare ai quattro venti, emozionata com'ero, che dopo anni (più di 10) di sogni a occhi aperti, finalmente sarei andata a vedere dal vivo il mio gruppo preferito...
Mi aspettavo catastrofi naturali, attentati terroristici, broncospasmi e scarlattine... invece è arrivata lei, la Gastroenterite!
Ha iniziato il nano grande... ma dopo qualche giorno sembrava stare meglio. Poi il pomeriggio prima della mia partenza per Nizza, dove si sarebbe tenuto il concerto, il nano piccolo ha perso l'appetito (il segnale peggiore, per un mangione lui).
La catastrofe era imminente. D'accordo con Nonni e Marito, sono andata lo stesso, con un bagaglio di senso di colpa e medicinali, e continui contatti telefonici per avere notizie.
Mentre io cantavo con gli occhi lucidi, in mezzo a 56 mila persone, in casa mia si svolgevano scene tratte dall'Esorcista.
Al mio ritorno, al punizione per la mia serata magica è arrivata puntuale come una sentenza di colpevolezza.
I piccoli nani untori hanno colpito... ma ormai il mio sogno si era già realizzato!
"Amiche di salvataggio"
Tempo fa avevo letto un libro intitolato "Amiche di salvataggio": non ricordo bene la trama, ma oggi mi è tornato in mente per descrivere quella sorta di pronto soccorso tra mamme che scatta quando c'è una difficoltà.
Oggi e domani sarò in trasferta per lavoro e anche mio marito, e tutte le possibili alternative, tra nonni e baby sitter, si sono rivelate impraticabili.
Per carattere, odio chiedere e sentirmi in debito, ma ho dovuto superare le mie aspirazioni autarchiche e mandare un messaggio al gruppo whatsapp delle "mamme dell'asilo". E - ancora una volta - ho avuto prova che tra mamme in difficoltà esiste un senso di sorellanza difficile da provare in altri contesti: unite dalle critiche delle suocere, dall'invadenza delle mamme, dalla difficoltà degli incastri quotidiani e dai promemoria per ricordare il grembiule pulito e i soldi per il teatro, dalle allerte per i pidocchi e la scarlattina, ci veniamo incontro nel momento del bisogno.
E non posso evitare di commuovermi quando le offerte di aiuto superano addirittura le richieste, tanto che non devo nemmeno preoccuparmi di lasciare il pasto pronto a marito e nani, perché sono stati tutti invitati a cena da una delle mie amiche di salvataggio.
Oggi e domani sarò in trasferta per lavoro e anche mio marito, e tutte le possibili alternative, tra nonni e baby sitter, si sono rivelate impraticabili.
Per carattere, odio chiedere e sentirmi in debito, ma ho dovuto superare le mie aspirazioni autarchiche e mandare un messaggio al gruppo whatsapp delle "mamme dell'asilo". E - ancora una volta - ho avuto prova che tra mamme in difficoltà esiste un senso di sorellanza difficile da provare in altri contesti: unite dalle critiche delle suocere, dall'invadenza delle mamme, dalla difficoltà degli incastri quotidiani e dai promemoria per ricordare il grembiule pulito e i soldi per il teatro, dalle allerte per i pidocchi e la scarlattina, ci veniamo incontro nel momento del bisogno.
E non posso evitare di commuovermi quando le offerte di aiuto superano addirittura le richieste, tanto che non devo nemmeno preoccuparmi di lasciare il pasto pronto a marito e nani, perché sono stati tutti invitati a cena da una delle mie amiche di salvataggio.
La Nanna
Prima di avere figli, "nanna" era per me soltanto un modo infantile per dire "dormire".
Con i nani ho invece imparato una nuova traduzione di questa parola: nanna è quell'oggetto indispensabile soprattutto in caso di nani urlanti per un ginocchio sbucciato o innervositi dalla stanchezza, e naturalmente per andare a dormire. La nanna è tanto importante per un piccolo nano quanto un BlackBerry per un uomo d'affari (o forse tablet... o iPhone? Temo di non essere una mamma moderna e tanto meno una donna d'affari...), insomma come la coperta per Linus!
La prima nanna del nano grande è stata un coniglietto di razza Ikea, il cui nome svedese è subito stato rimpiazzato da "Zilly"in onore della zia che glielo ha regalato (che ha un nome normale e non svedese, ma il nano lo ha storpiato così).
Il nano grande si calmava strofinandogli le orecchie e tuttora, che è pronto per la prima elementare, distingue i vari Zilly che ancora stazionano sul suo letto dal grado di ruvidità delle orecchie.
L'allevamento di conigli è cresciuto insieme alla mia ansia di rimanere senza. E così siamo arrivati ad averne 4: uno per l'asilo, uno per casa della nonna e due per casa nostra.
Ho imparato presto che una sola nanna non poteva bastare: l'ho imparato quando, in montagna, il giorno di Capodanno, il nano ha lasciato cadere Zilly dal passeggino... in una pozzanghera di neve e fango. L'ho lavato e asciugato con il phon al massimo, a costo di ustionarmi le dita, giusto in tempo per l'ora di andare a dormire... ma ho capito che dovevo avere una riserva!
Adesso che all'Ikea non si trovano più conigli, gli ultimi due esemplari dormono da soli, ma nessuno si sogna di metterli via o buttarli.
Il nano piccolo ha seguito le orme del fratello e siamo rimasti nel campo degli animali da cortile. Ha una pecora chiamata ufficialmente "Nanna" che viaggia in coppia con il ciuccio.
Credo di aver già raggiunto la dozzina di pecore acquistate, più della metà sono andate perse... ovviamente nel negozio di giocattoli (una catena con punti vendita in tutta Italia!) dove l'avevo trovata hanno smesso di venderla subito dopo che il nano piccolo se ne era innamorato. Ho recuperato qualche raro esemplare online (grazie Amazon!) ma la sera in cui siamo rimasti senza neanche una nanna (l'unica superstite era all'asilo... chiuso a quell'ora) anche la ricerca su internet sembrava più difficile di quella del Sacro Graal.
Dopo annunci su Facebook e ricerche disperate, il giorno successivo, mentre passiamo davanti alla vetrina del negozio accanto al portone di casa, il nano piccolo si ferma incantato e dice "Nanna!".
"Sì amore, ora la mamma te la trova" sospiro...
Il nano piccolo insiste e indica. In vetrina ci sono ben DUE pecorelle!
Quando ho realizzato, avevo lo stesso sorriso di Audrey Hepburn davanti a Tiffany...
Naturalmente, dopo averle comprate, a casa della nonna è stata ritrovata una delle nanne smarrite!
Non ce la posso fare...
Ci sono momenti in cui penso
soltanto “NON CE LA POSSO FARE” e in cui la fortuna di avere due nani
meravigliosi viene temporaneamente offuscata dalla fatica di mandare avanti
tutto: lavoro, casa, bambini, matrimonio, vita sociale… in ordine sparso.
Mi affanno per incastrare gli
impegni e le esigenze di ognuno, gli orari del lavoro, della nonna, dell’asilo,
della piscina, della pizzata, per far quadrare i conti nonostante le uscite
aumentino e le entrate no… E quando finalmente mi sembra di aver messo l’ultima
tessera del puzzle che si chiama SETTIMANA, e penso che tutto possa andare
liscio, arriva un imprevisto sotto forma di messaggio della nonna - “Il nano
piccolo ha 38 di febbre” - o nella chat dell’asilo - “Venerdì c’è sciopero!” -
e fa saltare tutti gli incastri. Un effetto domino disastroso che va tamponato
il prima possibile.
Google Calendar è pieno di
promemoria… e va già bene se ne rispetto uno ogni 5: passare in farmacia, fare
la spesa (mi raccomando le gocciole, che i tarallucci non piacciono),
sospendere la terapia, ricominciare la terapia, modificare la terapia,
preparare la torta (ma prima avrei dovuto fare la spesa, altrimenti come la
faccio, la torta, senza lo zucchero?!), comprare piatti e bicchieri di
plastica, il battesimo e la festa di compleanno.
Prenotare il controllo della
vista con almeno con 12 mesi di anticipo, perché se chiamo adesso non trovo
posto fino a luglio del 2019.
Poi mi presento alla visita
programmata da mesi il 17 alle 15:00 invece che il 15 alle 17:00… e mi chiedo
come mai la dottoressa non sia in studio!
E per quanto il Capoufficio sia
comprensivo, non ci si può permettere di stare a casa più di mezza giornata
perché il convegno incombe.
E la caparra che avevo versato
per quei due giorni di agognata vacanza non la restituiscono, perché la
Pediatra ha scritto sul certificato che il bambino sta male, mica che non può
partire…
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