Ogni anno, a novembre, l'azienda per cui lavoro organizza un grosso convegno di cui, in parte, mi occupo. Ogni anno so che, per quel convegno, dovrò indossare un tailleur nero, non importa se gonna o pantalone.
Ogni anno, la sera prima (o due...), tiro giù dal ripiano più alto dell'armadio i miei tailleur, rimandando fino all'ultimo quel momento di depressione in cui li provo e chiudendoli sento tirare bottoni e cerniera.
Lo so, dovrei dimagrire per tornare al peso pre-nani. Lo so, dovrei risparmiare per comprarmi un completo nuovo.
Ma ogni anno la scena si ripete. E mi viene il senso di colpa per quel Kitkat che non avrei dovuto rubare al nano grande una volta andato a dormire. O per le patatine che ho condiviso con il nano piccolo.
Per fortuna il girovita non proprio esile è nascosto dalla giacca, che non posso togliere mai, a costo di morire di caldo.
A costo di litigare con l'addetta ai controlli della sicurezza all'aeroporto di Fiumicino.
Non me la tolgo la giacca, cara.
Posso togliere il giubbotto, le scarpe, la cintura, l'orologio... posso anche sfilarmi il reggiseno da una manica se il gancino fa suonare tutto come nella TAC. Ma non sfilo in mezzo a decine di passeggeri senza giacca e con la panza in vista.
Mai.
Devi portarmi via a forza o con le manette piuttosto che farmi mostrare a tutti le maniglie (dell'amore... per i dolci) che escono dai pantaloni.
Piuttosto mi faccio imbarcare con le valigie e faccio il viaggio in stiva.
Nessun commento:
Posta un commento