Vagando qua e là tra blog e testate online, mi sembra di imbattermi sempre nello stesso tipo di lettere e articoli. Mamme normali, che come me pagano l'affitto e l'asilo e lavorano a tempo pieno, che sfogano la propria difficoltà a conciliare lavoro e famiglia, a far tornare i conti, che lamentano lo scarso supporto per tirare su i figli che sono visti spesso come un ostacolo invece che come una risorsa per il futuro. È ormai un coro formato da una moltitudine di voci, che nessuno ascolta per più del tempo necessario a cliccare "like" o "condividi".
Dopo una ministra che si era chiesta come mai le mamme avessero bisogno di stare 3 mesi a casa dopo il parto, direttamente dal suo ufficio dotato di adiacente nursery e puericultrice (gentilmente offerta dai contribuenti, immagino), arriva la ministra che ci invita a fare figli, dimenticandosi di spiegarci come faremo, poi, a mantenerli, i figli, mantenendo anche il lavoro.
Magari la ministra non lo sa, ma noi mamme normali non abbiamo l'auto blu che la mattina porta i pargoli a scuola, il pomeriggio li va a riprendere e magari li accompagna in piscina o al corso di danza o calcio. Noi mamme normali non abbiamo stipendi con un numero di zeri sufficienti a permetterci una tata full time. Non sa che anche il nostro lavoro è quasi sempre full time perché la riduzione di orario non ce la danno o non ce la possiamo permettere.
Non sa che la sera andiamo a letto a ore impossibili perché dobbiamo svuotare la lavastoviglie e la lavatrice, stendere e stirare il bucato, assicurarci che tutti i pezzi del puzzle che sarà la settimana che arriva si incastrino alla perfezione e guai se ne perdiamo uno. Non sa che non ci rimane il tempo per essere fresche, truccate e pettinate come le modelle dei suoi manifesti pubblicitari.
Manifesti che, immagino, saranno costati tempo e soldi e uno staff di prim'ordine (sempre gentilmente offerti dai contribuenti, immagino). Allora mi permetto di dare un piccolo suggerimento, che è pure gratis: si avvicini alla realtà. Legga qualcosa anche lei, su internet ci vuol poco. Fermi qualche mamma per strada e si faccia rispondere che non ha tempo di raccontarle che deve correre a prendere i figli a scuola. Guardi le occhiaie sulla metropolitana, l'ansia di chi non può prendere permesso per stare a casa con un figlio che ha la febbre.
Non perché i permessi non ci siano, per carità. Sulla carta abbiamo le pari opportunità. Ma nella realtà?
Sulla carta, se sul contratto c'è scritto che l'orario di lavoro termina alle 16.00, possiamo uscire a quell'ora: ma lei ha mai visto gli sguardi dei colleghi e dei responsabili quando prendiamo la borsa e ci alziamo dalla scrivania due ore prima degli altri?
Provi, e poi mi dica.