Anche se ancora lontani dal "liberi tutti", qualcosa inizia a muoversi. Il "decreto riaperture" ora ci consente di mangiare fuori, spostarci, tornare piano piano a vivere e "convivere" come gli animali che escono da un lungo letargo, anche se, per adesso, la primavera sembra non voler arrivare.
E con queste graduali conquiste di pezzetti di libertà e di vita normale, tornano le vecchie abitudini: le convocazioni per le partite nel week end, le feste di compleanno - rigorosamente all'aperto, le prime comunioni, la pizzata della squadra e la merenda di fine scuola.
E scatta, in me, quella che la psicologa definisce "ansia sociale" (o fobia sociale).
C'era anche prima, c'è sempre stata, ma torna prepotente dopo un anno di alibi inattaccabili: la zona rossa, gli assembramenti, il distanziamento sociale, disposizioni che diventavano giustificazioni.
Per mesi sono stata costretta a subire tutte queste restrizioni e, ora che non ci sono più, inaspettatamente mi sento impreparata e spaventata all'idea di ricominciare, di lasciare le nuove abitudini faticosamente acquisite in una situazione tanto particolare.
Sia chiaro, sarò felice di poter finalmente tornare a frequentare gli affetti più cari, di andare a mangiare fuori, di non dovermi chiedere se la gita che desidero fare rimane entro i confini del mio Comune. Ma tutto il resto, gli impegni che non posso declinare e non posso disdire, le formalità dentro a cui mi trovo incastrata... per tutto questo vorrei avere ancora una giustificazione, per dire "non si può" invece di "non mi va".
Ma non temete, cari nani: terrò per me ansia e mugugni e preparerò le vostre borse da calcio, vi accompagnerò in campi sconosciuti con l'aiuto di Google Maps, incastrerò i vostri impegni di scuola, sport e amici, abbandonerò i miei preziosi ritagli di tempo e aderirò a merende e apericena!
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