Ho atteso con trepidazione la ripresa della scuola, tra mille dubbi e incertezze, da parte mia sopratutto speranze. Ho già espresso il mio pensiero sulla DaD, la didattica a distanza dal nome canzonatorio, quasi sarcastico per le mamme a casa e in telelavoro. Desideravo che i miei figli tornassero a vedere le loro maestre senza uno schermo di mezzo, a sentire le loro voci senza interferenza, a parlare con i propri compagni nonostante la distanza e la mascherina. Ebbene, con mille indicazioni e un po' di preoccupazione di dimenticare qualcosa (gel igienizzante: c'è, borraccia personale: c'è, mascherina di riserva: c'è, libri etichettati: fatto, merenda da consumare seduti in un minuto: presa, quaderni: ops!), i nani sono tornati in classe!
E con un tempismo che neanche le ferrovie svizzere, è tornato il raffreddore. I miei figli sono stati sani come pesci per 6 mesi. Mai uno starnuto né un colpo di tosse, ho perfino sentito la mancanza della voce della pediatra, solo una lunghissima ma per fortuna inutile visita al pronto soccorso giusto per non farmi pensare che mi avessero sostituito i bambini a mia insaputa.
E invece, il 14 settembre, il giorno tanto atteso, il nano piccolo sfoggia un attacco di allergia che sembra voler recuperare il tempo perduto: naso chiuso e asma, il nostro kit di ben tornato!
Inizio la ben nota procedura, antistaminico incluso, e preparo l'autocertificazione per ricordare alle insegnanti che il nano è un soggetto allergico (dopo 7 mesi, è già tanto se si ricorderanno di lui...), foglio che rimarrà per giorni nel diario del suddetto nano.
Ma questo è solo l'inizio, perché l'altro nano, solidale per la prima volta nella sua vita con il fratello, rilancia, e al raffreddore aggiunge la tosse e un po' di febbre.
Inizio a pensare che più che tempismo, si tratti di vera e propria sfiga!
Immagino già gli operatori sanitari vestiti di bianco, più bardati di Mac Taylor sulla scena di un crimine in CSI New York, fare irruzione in casa per farci i tamponi, prevedo il panico seminato tra i compagni di scuola e di calcio, perché la distanza di un metro, per i bambini, è davvero relativa se non stanno seduti in un banco. Mi vedo già andare in ufficio con una lettera scarlatta, la U di untrice, attaccata alla camicetta, fare il bagno nell'amuchina e dare fuoco ai vestiti sul poggiolo, scenario che rende l'incubo pidocchi un diversivo tutto sommato accettabile.
Considerata la frequenza dei raffreddori nella mia famiglia, non mi resta che abituarmi e rassegnarmi, o cercare un precettore...
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